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Vedutismo napoletano


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«“Vedi Napoli e poi muori!”. Bene, io non so chi vorrebbe necessariamente morire dopo averla solo veduta; ma cercare invece di viver là potrebbe risultare un poco diverso.»

Samuel Langhorne Clemens (Mark Twain)

A Napoli,  grazie al suo cosmopolitismo, si sono affermate nel corso dei secoli importanti e numerose correnti artistiche, alla presenza di sovrani illuminati come Roberto d’Angiò e quelli della dinastia Borbone.

Diversi fattori hanno qui portato a soggiornare i più moderni paesaggisti stranieri e di altre regioni italiane, che vi hanno apportato decisivi motivi di ispirazione: il suo rango di Capitale di Stato, detenuto fino al 1861, che ha permesso gli scambi artistici e culturali con i maggiori paesi europei; il suo inserimento come meta obbligata nei circuiti del “Grand Tour”, il classico viaggio “obbligatorio” di istruzione della gioventù aristocratica europea e di ogni artista.

La tradizione locale settecentesca, legata al “paesaggio ideale”, e caratterizzata dalla fiorente attività commerciale del “vedutismo”, diretto a soddisfare le richieste dei turisti, si orienta verso una pittura “realistica”. E la pittura “dal vero” (“en plein air”) soppianta il paesaggio di immaginazione costruito in studio.

I ricchi e raffinati visitatori, che giungevano da tutta Europa per visitare Napoli, per godere delle sue bellezze artistiche e naturali, richiedevano, al mercato locale, dei souvenirs per conservare, oltre al ricordo dei luoghi, anche le emozioni suscitate durante il viaggio.
E le gouaches, dipinti di ridotte dimensioni e fenomeno dilagante di un’arte da alcuni considerata minore, si adattarono allo scopo e costituirono un’alternativa economica alle grandi tele da collezione.

Una pittura di paesaggi, su fogli, tavolette e piccole tele inamidate da vendere ai turisti giunti a Napoli, che riproduce fedelmente, oltre a luoghi e paesaggi, anche avvenimenti storici, scene di vita quotidiana, cerimonie e danze.

Con pennellate rapide e decise, Napoli e il Vesuvio venivano mostrati ad amici e parenti. I monumenti, le spettacolari eruzioni del Vesuvio, il panorama, le prime casuali scoperte degli scavi, sotto Carlo III di Borbone, di Pompei ed Ercolano, le antichità dei Campi Flegrei erano tra i soggetti più rappresentati.

La pittura napoletana si trasforma completamente nell’Ottocento, inserendosi in un più vasto movimento artistico, paesaggistico e in parte romantico, che assume connotati propri con la Scuola di Posillipo, tra il 1820 e il 1850, che affonda le sue radici nell’arte paesaggistica seicentesca, e si fonde con le innovazioni di artisti la cui fama viene portata nella capitale del Regno di Napoli (poi Regno delle Due Sicilie) dai romantici impegnati nel “Grand Tour”.

Gli anni ‘80 del XIX secolo coincidono significativamente con la conclusione di una parabola. Napoli ha ormai perduto da vent’anni il proprio rango di capitale e la rotta dei viaggi di istruzione passa ormai per Londra e soprattutto Parigi.