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Johann Wolfango Goethe


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da “Italienische Reise” (“Viaggio in Italia”)

3 marzo 1787
«Non si potrebbe fare colpa ai Napoletani, se nessuno di essi vuole allontanarsi dalla sua città, né ai suoi poeti se parlano in modo iperbolico della felicità, che qui si gode, quand’anche sorgessero in vicinanza non uno, ma due Vesuvi. Qui non ci si può affatto ricondurre con il pensiero a Roma; confrontata con l’ampiezza di questo paesaggio, la capitale del mondo, collocata entro la valle del Tevere, dà l’impressione di un vecchio convento, il quale sorge in una posizione infelice.
Il mare e la navigazione portano poi come conseguenza condizioni di vita del tutto diverse. La fregata che fa servizio per  Palermo è partita ieri con un deciso e forte vento di tramontana. Questa volta non ha certamente impiegato, per la traversata, più di trentasei ore. Con quale nostalgia e desiderio ho seguito con gli occhi le gonfie vele quando il battello passò fra Capri e Capo di Minerva, e, poi, scomparve.
Se si dovesse mai vedere una persona amata partire in quel modo, se ne morirebbe di nostalgia.
Ora soffia lo scirocco; se il vento rafforza, le onde potrebbero superare il molo.»

9 marzo 1787
«Le burrasche di questi giorni ci hanno rivelato il mare nella sua imponenza; si potevano studiare le onde negli aspetti e nelle loro forme più belle; la Natura è veramente l’unico libro che offra ammaestramenti sublimi ad ogni pagina.»

17 marzo 1787
«Ogni volta che la penna vuol descrivere, si formano innanzi ai miei occhi immagini della fertilità del suolo, immagini di questo mare sconfinato, delle isole sfumate lontano, del monte che fuma e non riesco a trovare espressioni per riprodurre tutte queste meravigliose bellezze della natura.»

29 marzo 1787
«Non soffiava più questa volta, come all’ultima partenza del postale, un vento fresco, da tramontana e levante, bensì un tiepido vento contrario da mezzodì a ponente, il peggiore di tutti; apprendnedo così come il navigante sia in balia dei capricci del tempo e del vento. La mattinata l’abbiamo trascorsa impazienti fra la rada e il caffè; verso mezzogiorno fìnalmente salimmo a bordo, dove, dato il tempo bellissimo, abbiamo goduto di una vista magnifica. La corvetta stava all’ancora non lontana dal Molo. Un sole chiaro ed una atmosfera impregnata di vapori, più lontano, nell’ombra, le pareti rocciose di Sorrento, come tinte di un azzurro limpidissimo. Napoli brulicante di vita ed illuminata in pieno, risplendeva dei più svariati colori. Soltanto al tramonto il battello incominciò ad allontanarsi dal porto dove era stato ancorato, ma lentamente; il vento ci spinse verso Posillipo ed al di là del suo promontorio. Per tutta la notte il battello continuò tranquillamente la sua rotta. E’ di costruzione americana, munito di buone vele e provveduto nell’interno di accoglienti cabine ed alcune camerate. La compagnia era varia e di buon umore; vi erano, fra gli altri, cantori d’opera e ballerini, scritturati per il teatro di Palermo.»

29 maggio 1787
«Non c’è stagione (a Napoli), in cui non si veda esposta abbondanza di viveri: il napoletano non prova piacere soltanto nel consumarli; egli desidera che la merce in vendita sia presentata con grazia. A Santa Lucia il pesce vien messo in mostra, secondo la qualità, in cesti graziosi e puliti; i gamberi, le ostriche, i cannoli e altri frutti di mare distribuiti a parte e tutti sopra foglie verdi.»

30 maggio 1787
«Passeggiando, di notte per la città, raggiunsi il Molo. Colà giunto, vidi, improvvisamente, la luna ed il chiarore di essa sugli orli delle nuvole, il riflesso della luce lunare sul mare dolcemente mosso, più chiaro e più mosso sulla cima delle onde più vicine. E poi le stelle, la lanterna del faro, il fuoco del Vesuvio che si rifletteva sul mare, e molte altre singole luci disseminate qua e là sui battelli. Mi avrebbe fatto piacere vedere come un Van der Neer avrebbe fatto fronte al compito di realizzare un quadro così variato.
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