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in “Terme e sorgenti di Napoli – le ‘acque dei miracoli’ tra storia e leggenda”
di Filiberto Passananti
I greci li chiamarono Campi Flegrei, cioè campi ardenti. Un nome che sottolineava la gran quantità di fenomeni vulcanici, di tipo diverso, che vi si sviluppavano. Allora ancora più numerosi che oggi.
Nei secoli, quest’area è sempre stata considerata la “terra magica”, dove il male e il bene, il brutto e il bello convivono in un equilibrio tanto incredibile quanto soprannaturale.
L’alea di magia, che corre dall’isolotto di Megaride, sistemato proprio al centro del golfo di Napoli, fino al capo di Miseno, traspare chiara dalle vicende delle colonie greche nell’Italia Meridionale, da quelle della Repubblica di Roma e del successivo Impero, ma anche dalla storia più frammentaria e incompleta dei popoli che, centinaia o addirittura migliaia di anni prima, precedettero greci e romani nei lidi partenopei.
La strana commistione tra acqua e fuoco, tra la bellezza prorompente di una natura forte e dolce e i fenomeni vulcanici, violenti e improvvisi, portatori di morte e devastazione, da sempre ha stimolato l’immaginario e la religiosità popolare.
Quest’area, con i suoi angoli incantati, con le sue “stranezze” naturali e con la sua insolita armonia è stata per secoli al centro di miti e leggende e ha prodotto finanche figure divine: da semplici ninfe a veri dei. La stessa Partenope era una ninfa.
Del resto, all’immaginario popolare non potrebbe apparire magica o divina una terra dove la Natura in una mano brandisce eruzioni e terremoti per togliere la vita e nell’altra “stringe” le sue miracolose acque termali che offre abbondanti per lenire le sofferenze dell’uomo.